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Come usare in modo corretto il cellulare. I consigli di Riccardo Perrone, presidente dell’associazione Lorenzo Perrone, per la prevenzione delle malattie oncologiche e oncoematologiche

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Come usare in modo corretto il cellulare. I consigli di Riccardo Perrone, presidente dell’associazione Lorenzo Perrone, per la prevenzione delle malattie oncologiche e oncoematologiche

I consigli di Riccardo Perrone, presidente dell’associazione Lorenzo Perrone, per la prevenzione delle malattie oncologiche e oncoematologiche di Cologno Monzese che, insieme a La Lampada di Aladino onlus di Brugherio, all’associazione di via Sottocorno di Sesto San Giovanni e all’associazione Italiana Elettrosensibili, sono da tempo in rete nel tentativo di occuparsi e di sensibilizzare su vari livelli relativamente ai temi dell’elettrosmog.

Sgombriamo subito il campo dagli equivoci. I sospetti sulla nocività dei telefoni cellulari sono fondati oppure no?

Appunto, sgombriamo il campo dagli equivoci, e smettiamola di parlare di “sospetti”. Nel maggio del 2011 la IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che fa capo all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato le radiofrequenze emesse dai telefoni cellulari come “possibili cancerogeni per l’uomo” (Gruppo 2B). In particolare la IARC ha stabilito che esiste un aumento del rischio di ammalarsi di glioma, il tumore al cervello più diffuso, per quegli utenti che utilizzano il cellulare almeno mezz’ora al giorno per 10 anni. A questo punto non è più corretto continuare a parlare di “sospetti”, è necessario cominciare a parlare di “certezze”.

È possibile quantificare questo “aumento del rischio”?

La IARC dice che non è possibile quantificarlo con precisione. Nel suo comunicato dell’11 maggio 2011 cita uno studio che fissa questo aumento del rischio al 40 per cento. Però… implicitamente prende le distanze da questa stima. Il vero problema, quando si parla di telefoni cellulari, è l’impossibilità di proiettare i dati degli studi epidemiologici condotti negli Anni 90 e nel primo decennio di questo secolo sulle nuove generazioni.

Per quale motivo?

Perché tutti questi studi sono stati condotti dopo 10 anni di utilizzo su soggetti che comunque hanno cominciato a usare il cellulare a 30 o 40 anni. Nei prossimi anni invece avremo a che fare con una generazione, quella dei nati dopo il 1985, che ha cominciato a usare il telefonino in età preadolescenziale (10-12 anni) e che lo userà per tutta la vita. Mentre, per esempio, sappiamo perfettamente cosa succede a una popolazione di fumatori che accende la prima sigaretta entro i 14 anni, perché già all’inizio del Novecento i ragazzi cominciavano a fumare giovanissimi, nessun epidemiologo dotato di un minimo di onestà intellettuale può affermare di sapere cosa succederà quando coloro che hanno cominciato a usare il telefonino a 12 anni raggiungeranno i 40-50 anni. Soprattutto perché ci troviamo di fronte a malattie, come sanno benissimo gli oncologi, che si manifestano anche dopo molti anni e per le quali è importante anche il momento della vita in cui ha avuto inizio l’esposizione all’agente cancerogeno.

Per cui non è possibile sapere con precisione quanto rischia un ragazzo che sta sempre attaccato al suo cellulare.

Non è ancora possibile quantificare questo rischio con precisione, sulla base dei dati epidemiologici osservati. Però esistono stime e proiezioni, fatte da enti molto autorevoli, che consiglierebbero di adottare il principio di precauzione.

Facciamo qualche esempio?

Nel 2013 l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha dedicato un capitolo del rapporto Late lessons from early warnings al collegamento tra utilizzo del cellulare e tumore al cervello, nel quale è indicato quanto aumenta il rischio di sviluppare un glioma in rapporto all’età in cui si è cominciato a usare il telefonino. Per chi ha cominciato dopo i 50 anni aumenta del 30 per cento, per chi ha cominciato tra i 20 e i 49 anni aumenta del 40 per cento, per chi ha cominciato a usare il cellulare prima dei 19 anni invece il rischio aumenta del 210 per cento. In pratica diventa il triplo! Attenzione, però, è opportuno sottolineare ancora una volta che stiamo parlando di proiezioni su dati che sono ancora carenti. Sulla base dei quali però varrebbe la pena di riflettere e, come ho già detto, scegliere la strada della precauzione .

È possibile tradurre queste proiezioni, queste percentuali, in numeri più facilmente comprensibili dalla gente?

Certo. Oggi il glioma cerebrale ha un’incidenza di 6-8 casi all’anno ogni 100 mila abitanti. Questo significa che in una città come Brugherio, circa 30 mila abitanti, ogni anno sono attesi 2-2,5 casi. Se le proiezioni dell’Agenzia Europea per l’Ambiente dovessero rivelarsi azzeccate, fra 20 anni, quando la popolazione degli utilizzatori “precoci” di cellulare avrà raggiunto la piena maturità e rappresenterà la maggior parte della popolazione, potremmo aspettarci 6-8 casi all’anno. In pratica dai 4 ai 6 tumori al cervello in più. Vogliamo provare a essere ottimisti? Vogliamo immaginare che le previsioni europee siano eccessivamente “catastrofiche” e tagliarle addirittura del 50 per cento? Ci rimarrebbero sempre 2 o 3 tumori al cervello all’anno in più. Pochi? Tanti? Giudicate voi. Una cosa è certa, non ci sarà la gente che morirà in mezzo alla strada con il cellulare in mano. Chi disegna uno scenario di questo tipo è intellettualmente disonesto come gli epidemiologi del “va tutto bene”, “non c’è nessun pericolo”. Però sono dati abbastanza “inquietanti”.

Beh, a prima vista potrebbero sembrare numeri modesti. Però pensandoci su…

Parliamoci chiaro. Se fra 20 anni a Brugherio saranno diagnosticati ogni anno 2 o 3 tumori al cervello in più, all’inizio molta gente non se ne accorgerà neppure. Perché se non succede nel tuo ambiente, nel tuo giro di amicizie, la cosa può passarti totalmente inosservata. Saranno solamente le famiglie su cui la diagnosi piomberà come un macigno ad essere sconvolte. Però due famiglie un anno, tre l’anno dopo, e tre quello dopo ancora, prima o poi la cosa comincerà a diventare un problema condiviso, come avviene adesso proprio a Brugherio per l’elettrosmog, ma probabilmente sarà troppo tardi per correre ai ripari.

Cosa possiamo fare per “correre ai ripari” adesso, finché siamo in tempo?

Innanzitutto proteggere i bambini, ai quali il telefonino fa malissimo. Poi convincere i giovani a usare il cellulare di meno e in maniera più intelligente. I bambini sono i più esposti, perché il loro cranio è piccolo e le loro ossa, ancora in fase di accrescimento, per cui non molto calcificate, vengono attraversate con maggiore facilità dalle radiofrequenze. La IARC, nella Monografia numero 102, scrive nero su bianco che la quantità di energia che colpisce il cervello di un bambino durante una conversazione con il cellulare è il doppio di quella che colpisce il cervello di un adulto. Il bambino poi è maggiormente vulnerabile alle radiofrequenze anche nelle altre parti del corpo. Nonostante ciò basta girare nei reparti di maternità per vedere un esercito di neomamme che allattano bimbi di poche ore mentre parlano al cellulare. Una follia!

E per i giovani?

Il consiglio principale è usare il cellulare il meno possibile e di parlare sempre con l’auricolare (quello a filo naturalmente, non il bluetooth, che è peggio del cellulare), oppure con il viva voce. In pratica, tenere il telefonino più lontano possibile dal cervello. Non a caso la nostra Associazione ha lanciato nel 2012 una campagna, rivolta proprio ai giovani, che si chiama “Levatelo dalla Testa”, e che è stata realizzata in collaborazione con la Camera dei Medici di Vienna e l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente. Naturalmente nel nostro manifesto e nel nostro pieghevole, che finora è stato distribuito in più di 7.000 copie nelle scuole superiori delle province di Milano e Monza, ci sono anche altri consigli. Prima di tutto evitare di tenere il telefonino in tasca, vicino agli organi genitali e ai tessuti molli dell’addome, evitare di passare ore e ore con il cellulare in mano a giocare in internet, e soprattutto evitare di telefonare in auto, perché in movimento il telefonino è costretto a “rincorrere” le stazioni radiobase per cui “esce” quasi sempre alla massima potenza. Comunque, nonostante i nostri sforzi, quando andiamo nelle scuole per parlare di prevenzione “pizzichiamo” sempre qualcuno che dorme con il cellulare sotto il cuscino. Insomma, un oggettino che fa male al cervello lo tengo vicino al cervello anche quando dormo. Tombola!

Lei usa il cellulare?

Sarei disonesto se rispondessi di no. Anche perché ormai è veramente impossibile farne a meno. Cerco di usarlo in maniera intelligente. Questo sì. Come dico sempre ai ragazzi: non è solamente la tecnologia che può essere dannosa per la salute, molte volte è l’utilizzo che uno ne fa. Per cui cerco di usarlo il meno possibile, uso l’auricolare a filo o il viva voce per non tenere il cellulare vicino alla testa mentre parlo, poi non lo tengo mai addosso, a contatto con il corpo. E appena posso lo spengo, cerco di ritagliarmi dei momenti “no-mobile”.

Sembra impossibile che oggi qualcuno possa uscire di casa senza il cellulare.

Vorrei concludere con una considerazione che va oltre il tema di questa conversazione. Al di là dei rischi per la salute (non dobbiamo dimenticare che quando parliamo di radiofrequenze i rischi non sono solamente quelli oncologici, ma si parla di possibili disturbi del sonno, dell’umore, del metabolismo e via di seguito), siamo così convinti che è giusto essere sempre a disposizione di tutti 24 ore su 24? A me è capitato di spegnere il cellulare la domenica e il giorno dopo essere sgridato da amici e non: hai sempre il telefono spento! Nessuno però è mai stato sfiorato dal dubbio che lo avevo spento semplicemente perché volevo essere lasciato in pace. Ecco, vorrei far capire anche questo ai nostri ragazzi. Perché non provate ogni tanto a spegnere il maledetto telefonino e prendervi qualche ora di pausa da Facebook, Twitter e WhatsApp. Forse potrete scoprire che trovarsi faccia a faccia con un libro senza nessuno che rompe non è il massimo della modernità, però non è poi così male.

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