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«Papà, ucciso nei corridoi dell’università Statale»: inaugurata la targa per il giudice Guido Galli

Marco Troiano e Giuseppe Galli scoprono la targa dedicata al giudice Guido Galli
Marco Troiano e Giuseppe Galli scoprono la targa dedicata al giudice Guido Galli

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«Papà, ucciso nei corridoi dell’università Statale»: inaugurata la targa per il giudice Guido Galli

Nel 1980 la dedicazione della sala consiliare al giudice Guido Galli, assassinato dai terroristi di Prima Linea il 19 marzo di quell’anno. Sabato l’installazione della targa che, all’ingresso della sala, ricorda il giudice.

È stata inaugurata sabato dal sindaco Marco Troiano alla presenza di Giuseppe Galli, il figlio 12enne nel momento dell’omicidio. Il quale ignorava, come i suoi familiari, che la sala consiliare brugherese fosse stata dedicata al papà.

«Avevo 12 anni – ha ricordato – e il 19 marzo è il mio onomastico e la festa del papà. Mia sorella, siamo 5 fratelli in totale, frequentava il primo anno di università ed era alla Statale quando papà è stato ucciso nei corridoi». Racconti che hanno fatto emergere l’uomo Galli, la vicenda personale e familiare dietro alla «contabilità» dei morti di quegli anni. Come Vittorio Bachelet, il giudice Emilio Alessandrini e il giornalista Walter Tobagi, citati da Giuseppe Galli insieme al padre come persona uccisa perché «faceva bene il suo lavoro», come scrissero i terroristi rivendicando l’omicidio del giudice. 

«Ognuno di noi familiari – ha detto Galli – aveva una sua dimensione ed è stata stravolta dall’omicidio. Papà stesso è diventato famoso e ne avrebbe fatto volentieri a meno. Mamma è stata brava a farci capire che lui era uomo normale: altrimenti, se l’avessimo messo su un piedistallo, la sua figura ci avrebbe annichilito». Però, ha aggiunto, «tanto normale poi non era. Approfondendo la sua storia ho scoperto che era in grado di tenere insieme magistratura, insegnamento, la famiglia. Ho il ricordo di un papà che era sempre presente alle nostre partite di calcio e ai saggi di ginnastica».

Nella mentalità distorta dei terroristi, ha detto Galli, «mio papà, Tobagi, Alessadrini sono stati uccisi perché erano persone aperte e disponibili al dialogo. Erano convinti dell’importanza della rieducazione». E dunque «davano credito allo Stato», che invece i terroristi volevano combattere e rendere inviso alla popolazione.

Oggi lasciano un ricordo che è lezione anche oggi, come scritto sulla targa all’ingresso della sala consiliare: «quale fulgido esempio di lotta contro il crimine organizzato e punto di riferimento tra i più avanzati della magistratura».

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