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Un calcio alle mafie: “Mano Mozza” è l’opera prima di Valentina Drago, portiere del CGB

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Un calcio alle mafie: “Mano Mozza” è l’opera prima di Valentina Drago, portiere del CGB

Dal papà ha ereditato la passione per il calcio e per il rispetto delle legge e delle istituzioni. Valentina Drago, portiere del GGB e figlia dell’ ex magistrato Pasquale Drago, ha assecondato l’esigenza personale di raccontare in un libro una delle indagini più spinose condotte dal genitore, che ha prodotto l’arresto di Salvatore Anacondia, detto Mano Mozza

Valentina Drago ha 33 anni, lavora in un’agenzia di comunicazione e vive a Milano. Gioca a calcio nel CGB, il suo ruolo è portiere, perché come dice lei “Non potrei giocare in altre posizioni, ho i piedi montati al contrario”. Circa due settimane or sono il suo libro “Manno Mozza – genesi di una mafia pugliese”, ha vinto il premio internazionale per l’impegno sociale in memoria dei magistrati Rosario Livatino, Antonio Saetta e Gaetano Costa. Opera prima e, abbiamo fondati motivi di credere, non ultima, il testo, scritto a quattro mani con la giornalista Emma Barbaro, nasce da una esigenza personale di Valentina. Abbiamo quindi voluto incontrare l’autrice per parlare di questo suo importante lavoro d’esordio.

Raccontaci come è nato “Mano Mozza”.

Questo libro ha una origine molto lontana. Riguarda una indagine che coinvolto mio padre, l’ex magistrato della procura di Bari, ora in pensione, Pasquale Drago, atta sgominare la cupola mafiosa operante nelle città di Andria, Trani e Bisceglie tra gli anni Ottanta e Novanta. In un certo senso per me è stata una questione famigliare. Il libro l’ho scritto insieme alla giornalista Emma Barbaro, che tratta da sempre questi temi e li conosce in modo approfondito. L’idea era di partire dal caso giudiziario, dalla lettura delle sentenze passate in giudicato, completando questo studio attraverso interviste a magistrati e forze dell’ordine, che hanno collaborato per arrivare all’arresto del boss Salvatore Anacondia, detto Mano Mozza (da qui il titolo del libro) divenuto in seguito collaboratore di giustizia.

Immagino non fosse nelle previsioni ricevere un premio

Non avevo alcuna aspettativa in questo senso, essere premiata davanti a mio padre è stato emozionante, più del ricevere il premio in sé. Questo riconoscimento è dedicato a tutte le persone che abbiamo intervistato all’interno del libro. Non abbiamo fatto altro che raccontare il lavoro altrui, il premio è soprattutto loro.

Quanto tempo ha richiesto la lavorazione del testo e reperire il materiale?

L’accesso al materiale è stato piuttosto agevole, grazie a papà abbiamo avuto a disposizione da subito tutto quanto ci serviva. Il lavoro di revisione è stato quello più gravoso, perché non volevamo ci fossero imprecisioni nel riportare i fatti. Il tutto ha richiesto circa un anno di impegno. I tempi si sono dilatati anche a causa del covid, perché abbiamo dovuto lavorare a distanza.

La copertina del libro di Valentina Drago e Emma Barbaro “Mano Mozza”

Come è nata la collaborazione con Emma Barbaro?

Ci siamo conosciute attraverso mio padre, è caporedattrice della testata online www.terredifrontiera.info che tratta i temi delle agromafie. Il suo lavoro l’aveva già portata nel nord barese e nel foggiano, territori in cui il problema è purtroppo molto radicato. Lei era a conoscenza della parte investigativa, io di quella storica, così abbiamo deciso di unire le nostre competenze.

Cosa avevi capito del mestiere di tuo padre, da bambina?

Avevo capito che svolgeva un importante ruolo istituzionale, che comportava grandi responsabilità. Non capivo invece quanto potesse essere pericoloso. È stato rispettato da tutti, per la sua dedizione verso il principio della legalità e il rispetto delle regole, a beneficio della comunità. Questo l’avevano capito anche i collaboratori di giustizia, che sceglievano lui per deporre. Sapevano di mettere la loro vita nelle mani di una persona affidabile e corretta.

Cosa pensi dei pentiti?

È una questione molto controversa. Deve essere chiaro che in loro non c’è alcun pentimento: si tratta una collaborazione dietro compenso, sotto forma di protezione. Credo che sia ancora dannatamente utile, perché è difficile andare a contrastare questo tipo di criminalità senza avere una visione d’insieme diversa da quella prevista nel tradizionale processo d’indagine.

Pensi che scriverai un altro libro in futuro?

Pensavo che questo fosse un unicum, avevo una motivazione personale che mi ha portato alla sua genesi. Ora però si è aperta una strada di grande interesse per me su questa tematica, non escludo mi possa condurre in futuro a nuove collaborazioni.

Parlaci della tua passione per il calcio

Quella pure è questione famigliare. Gioco fin da quando ero bambina, mio fratello era portiere, io sono un portiere. Mio papà ha praticato l’atletica leggere e il basket, prima di scoprire di essere un difensore vecchio stile, di quelli che prendevano tutto, palla e gambe.

Valentina posa con i suoi genitori

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