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La crisi globale dei microchip manda in cassa integrazione i lavoratori della Candy

Un microchip (foto di Jeremy Waterhouse da Pexels)

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La crisi globale dei microchip manda in cassa integrazione i lavoratori della Candy

Non arrivano i microchip dall’estremo Oriente e i lavoratori brugheresi si trovano in cassa integrazione. È l’ennesima prova di come le scelte politiche ed economiche globali abbiano ricadute locali. Accade alla Candy, secondo quanto riferisce Pietro Occhiuto, segretario generale della Fiom Cgil Brianza. La direzione dell’azienda ha annunciato il fermo della produzione nelle ultime due settimane di aprile seguite da una possibile ulteriore chiusura di altre due settimane nel mese di maggio. Il motivo è da ricondurre a problemi nella fornitura di microchip necessari per la produzione delle lavatrici.

Coinvolti tutti gli stabilimenti

I problemi riguarderebbero, afferma Fiom, tutti gli stabilimenti del gruppo Haier Europe, anche quindi quelli situati in Turchia, Cina e Russia. La causa della carenza dei microchip è complessa, in parte è da imputare al Coronavirus, in parte a scelte economiche e politiche. Secondo quanto affermano gli analisti contattati dall’agenzia di stampa Agi, quando il virus ha cominciato a diffondersi su scala globale, i produttori di chip hanno reagito tagliando le previsioni di produzione. In realtà è successo che le persone, costrette a lavorare, studiare, produrre a distanza, spesso a casa, hanno cominciato a comprare nuovi device: computer più potenti, schermi più grandi, televisori con più pollici, tablet e smartphone più efficienti. Qui è cominciata la spirale che oggi ha messo in ginocchio l’industria globale. In questo panorama si intersecherebbero anche le tensioni tra Stati Uniti e Cina, culminati con il “ban” dell’ex presidente Donald Trump nei confronti di alcune aziende cinesi. Tanto che l’attuale presidente Joe Biden sta studiando l’erogazione di incentivi per riportare negli Stati Uniti la produzione di microchip e non essere più dipendenti dalle aziende orientali.

L’appello della Fiom ai parlamentari del territorio

La Fiom ha scritto una lettera ai parlamentari brianzoli chiedendo un intervento perché, riporta Occhiuto, «anche in Brianza si stanno vedendo le conseguenze di questa crisi, la Candy di Brugherio ha annunciato un ricorso importante alla Cassa integrazione, analogamente ha fatto anche la Edim del gruppo Bosch di Villasanta e diverse altre aziende produttrici di componentistica auto. Anche le bullonerie presenti in Brianza stanno mostrando segnali di difficoltà. Ci sono intere filiere produttive che evidenziano i segnali di fortissimi disagi». Alla carenza di microchip si affianca infatti anche, aggiunge, «che il costo delle poche materie prime disponibili si è notevolmente incrementato, complicando ancora di più la situazione. Tra i fattori scatenanti di tale situazione parrebbe esserci l’assorbimento di grossa parte delle disponibilità mondiali di materia prima da parte del mercato cinese». Se la situazione non migliorerà, teme Occhiuto, «il rischio è che ci sia un impatto negativo sui lavoratori, anche in termini occupazionali. Un rischio molto alto che andrebbe a sommarsi alle criticità già in essere in questa delicata fase di gestione della pandemia da Covid-19». L’appello a deputati e senatori monzesi è dunque che «si facciano parte attiva per favorire un confronto tra Governo e sindacati che affronti un problema che sta sempre più assumendo contorni importanti».

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