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Addio a Modigliani, ultimo testimone dei campi di concentramento

Luciano Modigliani è morto venerdì 10 gennaio 2020

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Addio a Modigliani, ultimo testimone dei campi di concentramento

Immaginate il momento peggiore, più difficile della vostra vita. E immaginate di doverlo raccontare più e più volte, per anni, in pubblico, in qualche modo rivivendolo, quando sarebbe più facile cercare di dimenticarlo. È ciò che ha fatto nell’ultima fase della sua vita Luciano Modigliani, morto venerdì 10 gennaio all’età di 90 anni.

Ha portato la testimonianza dell’orrore nazista, essendo stato internato a 15 anni nel campo di sterminio di Bolzano, soprattutto nelle scuole e in diversi eventi pubblici in città, ottenendo anche la cittadinanza benemerita per i propri meriti educativi.

Nato a Siena il 19 febbraio 1929, ricorda l’Anpi brugherese, ultimo di dieci fratelli, Modigliani nel 1939 si trasferì a Milano, dove il padre, commerciante, sperava di trovare un lavoro migliore.

Arrestato nel 1944, a 15 anni in un rastrellamento nazifascista, avendo un capitano della Muti riconosciuto il padre come antifascista, venne portato al carcere di San Vittore dove subì pestaggi e torture. Destinato a Flossenburg venne portato a Bolzano, poiché la linea del Brennero era stata bombardata dagli alleati, impedendo i trasferimenti.

Il campo di Bolzano, prosegue l’Anpi nella ricostruzione storica, era diventato negli ultimi mesi di guerra un vero e proprio campo di sterminio, dove Modigliani subì la durezza del lavoro coatto e delle punizioni inflitte ai deportati. Nel Campo di Bolzano non c’erano camere a gas, ma i prigionieri venivano uccisi con le fucilazioni e le impiccagioni.

Nonostante le condizioni di vita e di lavoro al limite dell’impossibile, in Modigliani non venne meno la speranza di uscire da questo inferno. Grazie anche a politici preparati che aiutano i deportati a resistere. Tra di loro ci sono medici, architetti, operai specializzati, fresatori, tornitori, attrezzisti, falegnami, calzolai, sarti, contadini.

Luciano Modigliani, pur giovanissimo, si ritrovò all’interno dei collegamenti tra Resistenza organizzata del campo e Resistenza esterna del Comitato di Liberazione di Bolzano. Diversi tentativi di evasione e di fuga riuscirono grazie a questa rete.

Alla fine di aprile 1945, terminata la guerra, gli americani liberarono il campo di Bolzano. Al momento della liberazione Modigliani è praticamente uno scheletro: è passato da 59 a 28 chili di peso. Prima di rientrare a casa, passò un periodo di convalescenza per riprendere le energie e tornare alla vita normale.

Per molti anni non raccontò l’esperienza del campo di prigionia. Fu talmente estrema, accadevano fatti talmente disumani che, ha spesso ripetuto, temeva non sarebbe stato creduto. Poi si convince a testimoniare. «Durante gli ultimi vent’anni – conclude Anpi – è intervenuto nelle scuole di ogni ordine e grado per raccontare ai giovani la sua terribile esperienza e sottolineare quanto siano preziosi i beni della pace, della democrazia, della libertà e della convivenza civile. Ci trasmette in eredità un grande patrimonio di valori da portare avanti e da non tradire». Il funerale è stato celebrato mercoledì al cimitero ebraico di Milano.

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