Connect with us

Noi Brugherio

L’omelia integrale di mons. Mario Delpini: cosa insegnano i Magi alle nostre vite frenetiche

Comunità Pastorale

L’omelia integrale di mons. Mario Delpini: cosa insegnano i Magi alle nostre vite frenetiche

L’Arcivescovo Mario Delpini celebra la Messa dell’Epifania il 5 gennaio 2018. Foto di Jahela Paglione

di mons. Mario Delpini
Arcivescovo di Milano

Il viaggio ha quindi uno scopo, il desiderio è orientato a un compimento, la ricerca è motivata da un fine: siamo venuti per adorare il bambino, colui che è nato, il re dei Giudei.

Lo scopo del viaggio
I sapienti d’oriente non sono venuti per cercare una verifica delle loro ipotesi: sono venuti per adorare Gesù. Non sono venuti per fare una esperienza e cercare un’emozione: sono venuti per adorare Gesù. Non sono venuti per fare affari, per vendere o per comprare: sono venuti per adorare Gesù. Non sono venuti per contestare il potere di Erode il Grande, per seminare sconcerto nella città santa: sono venuti per adorare Gesù. Non sono venuti spinti dalla necessità, non sono venuti in fuga da qualche situazione terribile o da qualche disastro insopportabile: sono venuti per adorare Gesù.

Guarda qui sotto il video integrale dell’omelia con le immagini più belle della celebrazione realizzato da Chiesa tv.

Il turbamento seminato dagli adoratori di Dio
La città però, invece di rallegrarsi, si turba, insieme con il suo padrone, Erode il grande. La città non sopporta questi Magi venuti da oriente e li rimprovera.
Andate via, seminatori di inquietudini, perché noi vogliamo stare tranquilli. Voi disturbate il nostro accomodarci nel consueto, il nostro rassicurante andare avanti per inerzia. Andate via, seminatori di inquietudini, con le vostre domande e il vostro desiderio di adorare Dio. Noi abbiamo già i nostri idoli rassicuranti. Andate via, contestatori del potere costituito: la nostra sicurezza è nella grandezza del nostro re, nella sua potenza indiscutibile, nella sua prevedibile arroganza, nella sua opprimente avidità. Noi preferiamo vantarci del nostro re potente e opprimente: andate via voi che parlate di un altro re, di un altro modo di esercitare il potere, voi che incrinate le fondamenta del potere nel riconoscere la regalità di un bambino nato da poveracci in un insignificante villaggio di Giudea. Andate via, contestatori del potere.

Non abbiamo bisogno dei Magi, andate via
Andate via, maestri sconcertanti di una sapienza umile: il sapere deve servire, il sapere deve dare potere, il sapere giustifica l’ambizione e la vanità. Andate via, voi cultori di una sapienza che persuade all’adorazione: la nostra sapienza alimenta invece la sufficienza di poter fare a meno di Dio e della preghiera. Andate via, voi cultori di una sapienza che contempla le stelle e vi legge i segni di Dio: la nostra sapienza è diventata scienza e tecnica, capacità di manipolare il cielo e la terra, esplorazione delle possibilità di profitto. Andate via, Magi venuti da oriente, non vi aspettavamo e non abbiamo bisogno di voi.

Il compiersi nell’adorazione e il valore delle ricchezze
Nell’adorazione del Bambino si riconosce il compimento: dove conduce tutta la sapienza, dove tutta la scienza, dove tutta la cultura, dove? I Magi dichiarano: nell’adorazione del Bambino. Il vertice della sapienza è quindi l’inchinarsi al mistero della presenza di Dio nella carne del Figlio dell’uomo. La testimonianza dei Magi contesta così l’esito del pensiero moderno e della sua presunzione: il pensiero moderno infatti sembra dichiarare che il suo scopo non è di inchinarsi al mistero, ma di dissolvere il mistero, di impadronirsi del mistero, di trattare con scetticismo e sufficienza il mistero.
Nell’offerta dei doni al Bambino si riconosce il compimento: a che cosa servono le ricchezze della terra, l’oro, l’incenso, la mirra? I Magi dichiarano: tutte le ricchezze della terra hanno uno scopo e una utilità: diventare un dono per dare gloria al Bambino. La testimonianza dei Magi contesta così l’uso delle ricchezze mondane che sembra raccomandato dalla società individualistica e utilitaristica. Sembra infatti che lo spirito del nostro tempo raccomandi di usare le ricchezze per generare ricchezza, di accumulare l’oro per arricchire, di trattenere quello che si possiede per possedere sempre di più. Nel vedere il segno della presenza di Dio nel Bambino si riconosce il compimento: dove porta tutta l’attività e l’intraprendenza umana, la capacità di fare cose, di progettare iniziative? I Magi dichiarano: tutto il fare si compie nell’adorare, tutto l’essere si compie nella pace che si ferma davanti al Bambino. La testimonianza dei Magi contesta così l’orientamento del fare verso la frenesia e l’impazienza, l’inclinazione all’agitazione e all’irrequietezza che non può fermarsi, non può sostare, non sopporta il silenzio e la pace.

La pratica dell’adorare secondo Dio
Che significa adorare? I Magi adorano il bambino: vedono. Adorare è una forma di visione, il vedere che esulta di gioia perché riconosce il compimento della promessa della stella, dei desiderio profondo suscitato dal suo apparire, della speranza necessaria che ci sia una meta al vagabondare, che ci siano una risposta al domandare. I Magi adorano il bambino: si prostrano. Il prostrarsi che può essere sentito come umiliazione, di fronte al bambino; è invece quel libero abbandonarsi allo stupore, alla gratitudine, a riconoscere d’essere salvati, elevati alla condizione di adoratori del vero Dio. I Magi adorano il bambino: offrono i loro doni. Adorare è offrire doni o piuttosto offrirsi in dono, intendere la propria vita come una vocazione a donarsi, a trasfigurare la condizione materiale in una condizione spirituale.

L’Arcivescovo Mario Delpini celebra la Messa dell’Epifania il 5 gennaio 2018.
Foto di Jahela Paglione

Continue Reading

More in Comunità Pastorale

To Top