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Giusto di Ravensburg, la tavola è a Palazzo Reale fino al 28 giugno

Cultura

Giusto di Ravensburg, la tavola è a Palazzo Reale fino al 28 giugno

Visita di un gruppo di brugheresi alla tavola presso il mudeo diocesano di Milano

di Roberto Gallon

 

Ancora pochi giorni, fino al 28 giugno, per poter ammirare la Tavola di Brugherio a Palazzo Reale di Milano. La mostra “Arte lombarda dai Visconti agli Sforza – Milano al centro dell’Europa” sta infatti per giungere al termine ed il dipinto che si trovava fino al 1923 presso la cappella della cascina sant’Ambrogio ne è stata una delle principali scoperte.

L’esposizione realizzata in occasione di Expo per presentare il periodo nel quale Milano, dopo Parigi, era la principale città europea, è infatti una ripresa della grande mostra che sotto la guida del prof. Roberto Longhi (forse il più importante storico d’arte che l’Italia abbia avuto) si era tenuta proprio a palazzo Reale nel 1958. Appena dopo la guerra molti capolavori del periodo tardo gotico e del rinascimento lombardo erano stati portati a Milano per essere studiati e riscoprire così un momento dell’arte italiana meno conosciuto rispetto ai movimenti sviluppatisi a Venezia, Firenze e Roma, ma sicuramente non meno influente in ambito europeo.

Nel 1958 l’opera, che era documentata a Brugherio fin dal 1763 e descritta nel 1794, non era presente. Merito quindi ai curatori della mostra per averla riproposta, dopo l’evento speciale che l’aveva vista protagonista al museo Diocesano nel mese di febbraio scorso. Paolo Biscottini, direttore del museo di corso di porta Ticinese, l’aveva infatti riportata alla luce nella speranza di poterla conservare ancora a lungo in Italia. L’opera è tuttora di proprietà privata, ma si spera che possa entrare a far parte di una collezione pubblica italiana, in particolare milanese.

Nella mostra al Diocesano la tavola era quasi certamente attribuita a Giusto di Ravensburg, nel catalogo della mostra di palazzo Reale curata da Mauro Natale e Serena Romano viene presentata invece più genericamente come opera che “traccia la presenza a Milano di un pittore della Germania meridionale” chiamato Maestro tedesco di Chiaravalle, attivo in Lombardia intorno alla metà del Quattrocento.

Ne viene presentata l’evoluzione degli studi critici fin dalla sua prima pubblicazione nel 1998 ad opera di Federico Cavalieri. Il quale inizialmente l’attribuisce all’autore dell’affresco del “Cristo davanti a Pilato” nell’oratorio di San Bernardo dell’abbazia di Chiaravalle, che alcuni critici collegano a Hieronymus Bosch o a Hans Witz, originario della Baviera e presente a Milano dal 1476 al 1478. “Cavalieri discute quest’opinione e propone come alternativa il nome di Jos Amman o Giusto di Ravensburg, che nell’unica sua opera in Italia (l’affresco dell’Annunciazione a Santa Maria di Castello a Genova del 1451) rivela delle somiglianze nel trompe-l’oeil e nella morfologia di Dio padre con gli angeli”.

Ma Frederic Elsig, autore del saggio in catalogo, immagina però anche “l’esistenza di un terzo pittore, parallelo agli altri due e forse reclutato durante il concilio di Basilea da Gerardo Landriani Capitani, legato apostolico in Lombardia nel 1440 e abate commendatario di Chiaravalle nel 1442”.

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