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Martedì don Maurizio racconta il suo Zambia

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Martedì don Maurizio racconta il suo Zambia

don Maurizio Oriani in Zambia

Torna a Brugherio ogni anno, come tutti i sacerdoti fidei donum della diocesi di Milano. Anche don Maurizio Oriani ha un periodo di riposo dalla missione. Ma lui a Lusitu, in Zambia, dove si trova da sei anni, pensa anche da qui e ha un paio di progetti a cui sta lavorando in queste settimane italiane.

Li racconterà martedì prossimo 20 maggio, alle ore 21 in oratorio San Giuseppe (via Italia) durante un incontro aperto a tutti organizzato dall’associazione missionaria Brugherio Oltremare.

Evangelizzare e incontrare
«La mia vita in Africa è sempre la stessa, non ci sono stati grossi cambiamenti. Siamo impegnati a visitare i villaggi, a celebrare i sacramenti», spiega. L’unica novità è il vescovo: da un mese ha fatto il suo ingresso Moses Hamungole, vescovo eletto di Monze, che ha preso il posto dell’italiano Emilio Patriarca. La diocesi di Milano lo ha potuto conoscere la mattina del giovedì santo. Durante la messa crismale l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, gli ha consegnato una croce.

Un nuovo pastore
«Per l’ingresso ufficiale del vescovo Moses lo scorso 3 maggio – racconta don Maurizio – abbiamo celebrato una messa di cinque ore e dieci con tantissime persone, più di cinquemila, che si sono radunate da tutti i villaggi». Un mondo per noi così lontano e così vicino di cui don Oriani racconta «gioie e fatiche».

Due progetti per i ragazzi
E i progetti. Anche con questi l’Africa lontana diventa per noi un po’ più prossima. «Abbiamo appena completato un blocco di due classi: una per i computer» dice ancora don Oriani. E guarda avanti: «Il nuovo progetto – prosegue – è l’ostello per le ragazze che vengono a studiare qui da villaggi lontani». «È ancora un’ idea, mancano in parte i “soldini”».

L’ultima arrivata
«Da quasi due mesi – conclude – vive con noi una giovane di Lainate che sta facendo il servizio civile internazionale e si fermerà per un anno. È un aiuto importante, che condividiamo con un’altra realtà, perché ci aiuta a dividere i compiti. E ad evitare il rischio che il compito del prete venga confuso con quello di amministratore».

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