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Le dimissioni di Monti salvano la Provincia di Monza

Politica

Le dimissioni di Monti salvano la Provincia di Monza

La mappa della Provincia di Monza e Brianza, nata nel 2009

La crisi del Governo Monti blocca il riordino delle Provincie che avrebbe comportato la fusione della Brianza con la città metropolitana di Milano. Dopo tanto dibattito non se ne farà nulla: non ci sono più i tempi tecnici per convertire il decreto in legge. Soprattutto a causa dei moltissimi emendamenti presentati dai parlamentari. Vincono insomma coloro che speravano in qualche intoppo tecnico per salvare l’autonomia di Monza.
È l’effetto delle annunciate dimissioni del presidente del Consiglio. Il Parlamento avrà modo di approvare solo i provvedimenti più urgenti o comunque arrivati ad un avanzato livello di accordo, elemento che manca del tutto alla legge sul riordino degli Enti locali.
Soddisfazione bipartisan è stata espressa da parte dei politici brianzoli, che si erano schierati concordemente per il salvataggio della Provincia nata solo tre anni fa. Sospiro di sollievo anche da parte del presidente Dario Allevi, che però avverte: «Continuiamo ad esistere ma siamo privi di risorse economiche» alludendo ai continui tagli agli Enti locali. Per tiare avanti è stata messa in vendita la sede provinciale di piazza Cambiaghi a Monza, ma già due gare sono andate a vuoto. Ora è partita la trattativa privata a prezzo di saldo:  2.700 euro il metro quadrato. E non è detto che qualcuno si faccia avanti, di uffici vuoti è piena tutta l’area matropolitana. Fallita anche la vendita di azioni in Milano-Serravalle, resta ancora la privatizzazione della Sea, la società che gestisce Linate e Malpensa.

Il comitato brugherese: «ammucchiata» della casta
Sull’argomento interviene anche il Comitato brugherese per la città metropolitana, espressione del mondo della sinistra. «Quello che più ci preme sottolineare – scrivono in una nota –  è la creazione di una maggioranza anomala che ha visti unitiPdl, Lega, e Pd nel difendere una realtà a nostro giudizio inutile». E prosegue «Come commentare la fervente ammucchiata  presentata come “Consiglio provinciale al freddo” tenutasi nella prima settimana di dicembre? Come giustificare tanta solerzia e l’impegni di così nobili energie se non con l’obbiettivo di difendere gli interessi di un ceto politico che è sempre piu’una casta? Sappiamo per gli studi presentati dal Governo che il mancato riaccorporoporterà ad un minore risparmio di circa 500 milioni di euro l’anno ed ad un probabile aumento di un punto dell’Iva, come annunciato nel mese di novembre, ma in fin dei conti siamo certi che a quei signori tutto ciò importa veramente? Se la borsa della spesa di pensionati, lavoratori e precari sarà più vuota pazienza, il palazzo della provincia rimarrà ben pieno. Ricordiamoci di quella foto di gruppo quando andremo a votare ed essi fingeranno di essere avversari».
Secondo i programmi del ministro Patroni Griffi, dal 1° gennaio 2013 si sarebbero sciolti tutti i consigli provinciali e entro fine anno sarebbero stati riformati degli organismi ad elezione non più diretta, ma composti da rappresentanti dei comuni. Inoltre era previsto l’accorpamento di numerose province per ridurre le spese degli uffici ad esse collegate, oltre ai costi della politica.

Articolo aggiornato al 13 dicembre 2012

Aggiornamento del 14 dicembre 2012

Il governo sembra intenzionato a presentare un emendamento per prorogare di 12 mesi l’entrata in vigore delle disposizioni del decreto legge relativo alle funzioni delle Province.

 

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