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Un gruppo di auto mutuo aiuto per i malati di Alzheimer, ce ne parla il dottor Marco Gatti psicologo

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Un gruppo di auto mutuo aiuto per i malati di Alzheimer, ce ne parla il dottor Marco Gatti psicologo

I malati di Alzheimer del territorio e le loro famiglie potranno ora contare su un gruppo di auto-mutuo-aiuto che potrà sostenerli e supportarli nelle varie problematiche che la malattia porta con sé. Il dottor Marco Gatti, psicologo e referente per Arci Primavera in merito al progetto “Alzheimer e altre demenze, ricordando coloro che dimenticano”, ci spiega lo scopo e il lavoro del gruppo di auto-mutuo-aiuto per familiari di malati di Alzheimer.

Dottor Gatti, quando nasce il gruppo di auto-mutuo-aiuto per familiari di malati di Alzheimer?

L’idea di costituire un gruppo di auto-mutuo-aiuto (Ama) nasce all’interno del progetto “Alzheimer e altre demenze. Ricordando coloro che dimenticano…”, del quale fa parte insieme a un ciclo di tre incontri (dal medesimo titolo) svoltisi a Brugherio per iniziativa di ARCI Primavera e del servizio non autosufficienze di Spi-Cgil.

Questi 3 appuntamenti, precedenti alla costituzione vera e propria del gruppo Ama, rappresentano un preludio all’interno del quale attraverso lezioni frontali tenute da un esperto in materia i vari familiari (o semplici interessati all’argomento) sviluppano competenze e conoscenze riguardanti il mondo delle demenze in generale, con una particolare concentrazione, tuttavia, sull’Alzheimer, essendo questa la tipologia di demenza più diffusa.

La decisione di costituire il gruppo con familiari che abbiano partecipato agli incontri precedenti nasce dalla necessità che coloro che decidono di intraprendere il cammino dell’auto-mutuo-aiuto siano già competenti rispetto alla materia della quale discuteranno, col fine preciso di evitare che gli incontri si trasformino in una sorta di gruppo di reciproca (dis)informazione, favorendo invece lo scambio di vissuti ed emozioni tra persone che condividono un’esperienza comune. Nell’ottobre del 2011, alla conclusione dell’ultimo appuntamento in via Cavour, sono dunque state raccolte le adesioni di partecipazione alla successiva iniziativa, con la costituzione formale del gruppo.

 

Quanti sono i componenti?

I componenti attuali sono 8 familiari di malati affetti da diverse tipologie di demenza. L’impegno che viene loro richiesto è di un appuntamento al mese della durata di 2 ore, per un totale di 12-15 incontri, a seconda delle esigenze del gruppo.

Sebbene sia richiesta una continuità di presenza durante l’intero ciclo, è possibile per ogni persona rinunciare alla partecipazione all’iniziativa entro i primi due incontri. Può infatti succedere che una persona, avuta esperienza diretta delle dinamiche di un gruppo Ama, decida che questo non si adatti a lei oppure che possa non essere il momento adatto a svolgere questo tipo di percorso.

 

Quale è dunque lo scopo del gruppo?

Scopo ultimo è quello di creare una rete sociale funzionale al supporto reciproco e alla condivisione dei vissuti emotivi derivanti dal lavoro di cura di un malato di demenza, sulla base del principio per cui il valore di un gruppo di auto-mutuo-aiuto è dato dal fatto che, partecipandovi, ciascuno aiuta non solo se stesso, ma aiuta anche gli altri e da essi è a sua volta aiutato.

 

Parliamo in particolare di “Alzheimer”. Che tipo di malattia è?

La malattia di Alzheimer rappresenta ad oggi la più diffusa forma di demenza presente in età adulta, costituendo circa il 50-60% del totale di questo tipo di patologie. È una sindrome degenerativa neuronale, cronica e progressiva.

“Degenerativa neuronale” perché determina una sempre maggiore atrofia corticale, ossia un assottigliamento della corteccia cerebrale dovuto alla perdita progressiva di neuroni, i quali sono i “mattoncini” di cui è costituito il nostro cervello.

“Progressiva” e “cronica” perché la malattia di Alzheimer è ad oggi ancora inguaribile, seppur gestibile e in parte trattabile anche attraverso l’uso di farmaci, e segnata da un prolungato percorso di decadimento sia fisico che psichico, costante e generalizzato. La demenza di Alzheimer può esser quindi considerata una malattia globale, che colpisce sia il corpo che la mente di chi ne soffre, compromettendone al contempo l’autonomia e l’identità.

 

Quali sono i sintomi principali?

Troviamo dei sintomi cognitivi che, insieme ad altri relativi alla capacità di gestione delle attività quotidiane e all’autonomia, tutti i pazienti prima o poi sviluppano. Questi sintomi sono principalmente a carico della memoria, dell’attenzione, delle capacità di linguaggio, di movimento, di orientamento e di riconoscimento di persone o cose, e delle cosiddette funzioni esecutive, cioè quell’insieme di capacità che ci permettono di agire in funzione di obiettivi, programmando le nostre azioni e utilizzando strategie.

Altri sintomi di ordine psichiatrico e comportamentale sono largamente diffusi ma non seguono generalmente una cronologia predeterminata, né tantomeno sono presenti in tutti i malati. Queste manifestazioni comprendono i cambiamenti dell’umore (ansia e depressione) e della personalità, i disturbi ideativi del pensiero (deliri e allucinazioni), della condotta o manifestazioni di irritabilità e aggressività, irrequietezza motoria e altri disturbi neurovegetativi, legati ad esempio all’appetito o a mutazioni del ritmo sonno/veglia.

 

Ci sono dei campanelli di allarme per lo sviluppo della malattia?

L’esordio della demenza di Alzheimer viene definito subdolo e insidioso in quanto spesso gli stessi familiari faticano ad accorgersi dei cambiamenti che insorgono nel malato. Non è raro che quando una persona e la sua famiglia ricevono un’esplicita diagnosi di Alzheimer, il problema fosse già in atto da diverso tempo, a volte anni, senza che nessuno prendesse in considerazione la possibilità che si trattasse di demenza. La malattia può tuttavia essere idealmente suddivisa in tre fasi, delle quali la prima caratterizza il momento chiave per accorgersi di essa e porre diagnosi precoce.

Essa è caratterizzata da perdita di memoria e da una progressiva incapacità a imparare cose nuove, nonché da numerose difficoltà nell’orientamento, nell’esprimersi e nel comprendere il linguaggio, nel calcolo matematico e nel pensiero logico.

Il malato ad esempio dimentica come compiere azioni semplici come lavarsi i denti, non sa più eseguire nel giusto ordine le operazioni necessarie a svolgere compiti sequenziali, come prepararsi un caffè con la moka, e spesso usa lunghi giri di parole per riferirsi a oggetti di cui non ricorda il nome. Si notano inoltre modificazioni del carattere e della personalità e una crescente difficoltà a interagire col mondo esterno.

Sono infine spesso presenti ansia, depressione e ritiro sociale, sebbene queste manifestazioni sono sovente conseguenza della percezione di disagio da parte dello stesso anziano più che un sintomo specifico della malattia.

 

Che età hanno i malati di Alzheimer?

La malattia di Alzheimer si sviluppa raramente sotto i 65 anni, età nella quale viene definita “a esordio precoce”. Studi sulla popolazione italiana suggeriscono che oltre tale soglia la percentuale di persone affette da questa tipologia di demenza sia circa del 6,4%, con un rischio di svilupparla sempre maggiore all’aumentare dell’età. Si nota inoltre una prevalenza maggiore nelle donne (5,3% uomini e 7,2% donne).

 

Che ruolo gioca la famiglia?

La famiglia gioca un ruolo primario nella cura di questi malati. Il particolare stress psicologico a cui essi sono sottoposti, soprattutto nelle prime fasi della malattia quando un certo grado di consapevolezza per la propria situazione è ancora presente, e la natura stessa dei disturbi associati alla demenza fanno sì che un ambiente di cura intimo e familiare sia la condizione ideale per l’anziano.

Egli potrà così esser circondato dall’affetto di coloro che tengono a lui, potrà essere supportato nello scoramento derivante dalla sua condizione, ma soprattutto potrà vivere all’interno di un ambiente stimolante e confortevole che conosce e che ha conosciuto a lungo. Questo sicuramente è utile nel rallentare i sintomi della malattia, garantendo al contempo al malato una miglior qualità di vita.

 

È possibile fare una stima di quanti sono i malati in città?

È un dato che noi non possediamo e che non abbiamo strumenti per rilevare. Possiamo però dire di essere rimasti piuttosto impressionati dalla partecipazione sia alla nostra serie di incontri lo scorso ottobre che alla precedente assemblea pubblica del Comune. Si stima comunque che in Italia i malati di Alzheimer siano circa 600.000, e circa 30 milioni nel mondo.

 

Avete dei dati su quanti malati e famiglie avete seguito lo scorso anno?

Come gruppo di auto-mutuo-aiuto non c’è una storia precedente, perché si sta partendo ora. Come associazioni che hanno promosso l’iniziativa (Arci e Spi-Cgil) non possiamo dire di aver seguito dei casi nello specifico, perché non è questa una nostra funzione. Possiamo solo dire che nei contatti e nei colloqui con le molte persone che per vari motivi si rivolgono allo Spi-Cgil e al suo sportello per la non autosufficienza notiamo un aumento del disagio legato a questo problema e un numero crescente di richieste di informazioni relativamente a questo argomento.

 

Il Comune di Brugherio o altri enti vi sostengono?

Questa particolare iniziativa è stata interamente gestita e sostenuta da ARCI Primavera e da Spi- Cgil di Brugherio. Per quanto riguarda il gruppo di auto-mutuo-aiuto, tuttavia, pur avendo come sede dei propri incontri la saletta Arci in via Cavour 1 gentilmente concessa, esso inizia a vivere di vita propria.

 

Quanto costa assistere oggi un malato con questa patologia?

I costi a cui si può far riferimento sono di 3 tipi: innanzitutto i costi diretti, ossia le spese direttamente monetizzabili sostenute ad esempio per l’acquisto di beni e servizi necessari all’assistenza, alla cura e alla sorveglianza di un malato; vi sono poi dei costi indiretti derivanti dal tempo sottratto ad una eventuale attività produttiva sia da parte del malato che del familiare che se ne prende cura; in ultimo hanno particolare rilevanza i cosiddetti costi intangibili, che si esprimono in termini di disagio fisico e psicologico da parte del caregiver principale e degli altri familiari.

Nel complesso, una stima fatta dal Censis nel 2007 in collaborazione con Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer) ha calcolato un costo medio annuo per paziente (Cmap), comprensivo sia dei costi familiari che a carico della collettività, pari a poco più di 60.000 euro. Di questi, i costi diretti rappresentano circa il 25% del totale (14.886,89 euro), e la maggior parte di essi (71,4%) risulta essere a carico della famiglia, mentre la restante parte (28,6%) è a carico del Sistema Sanitario Nazionale.

 

Una famiglia riesce a gestire un malato di Alzheimer?

Innanzitutto è bene mantenere un ambiente di vita tranquillo e, secondo le possibilità del malato, quanto più stimolante possibile. Ad esempio bisogna favorire l’attività fisica, gli hobby e la socializzazione, tutti elementi che tenendolo attivo mentalmente rallentano il progredire della malattia.

È poi bene non arrabbiarsi eccessivamente per i suoi comportamenti e mancanze, rinforzando la sua autostima ed evitando di denigrarlo, assecondando per esempio, per quanto possibile, i suoi strani discorsi. Nell’interagire con lui bisogna esser calmi e pacati, ed è opportuno utilizzare il contatto fisico e tutto ciò che è “non verbale”, dato che questo canale di comunicazione rimane molto più intatto che non il linguaggio parlato o scritto.

Tenendo conto delle sue sempre minori capacità attentive, poi, bisognerà interagire con lui pochi alla volta, parlando lentamente, con un tono di voce adeguato e scandendo bene le parole, limitando il più possibile tutto ciò che potrebbe distrarlo (come una televisione accesa in sottofondo). Tutti questi accorgimenti contribuiranno inoltre a mantenere il malato calmo e rilassato, evitando episodi di ansia (che possono facilmente degenerare in allucinazioni o deliri) e aggressività (che è spesso la conseguenza agìta di uno stato di tensione dell’anziano). Accanto a ciò vi è la terapia farmacologica, che comprende sia farmaci specifici per la malattia utili a rallentarne il progredire, sia farmaci non specifici per l’Alzheimer ma che possono essere utili per tenere a bada tutti questi sintomi comportamentali che l’accompagnano (farmaci antidepressivi, antipsicotici, ecc.). La gestione può tuttavia complicarsi fino a richiedere il ricovero del malato in strutture apposite quando la situazione a casa non è più sostenibile.

Questo succede principalmente quando i disturbi del comportamento, per i quali magari i farmaci non sono più sufficienti, diventano così pervasivi da rendere impossibile la convivenza col malato, o quando ad esempio insorgono complicanze fisiche che richiedono un’assistenza medica specialistica e continuativa che solo una Rsa, residenza socio-assistenziale, può garantire.

Per informazioni sul gruppo di auto-mutuo-aiuto è possibile contattare la sede di ARCI Primavera Brugherio, via Cavour 1, tel. 340.0869961. Il numero di cellulare è attivo dalle 13,30 alle 17.

 

 

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